Condividiamo un articolo di Orizzonte Scuola sulle aule all’aperto. Ne condividiamo gran parte i contenuti e molti dei riferimenti segnalati nell’articolo da Lidia Tavani, antropologa e pedagogista, sono anche nostri.
Immersi nello straniamento del vuoto degli spazi pubblici e delle scuole deserte, insieme ad altri condividiamo un tempo di riflessione, di confronto, di costruzione di proposte per disegnare un orizzonte per la scuola che verrà da settembre. Una scuola dove l’aula non sarà (non potrà essere) l’ambiente principale di apprendimento, una scuola che immaginiamo senza (o con pochi e permeabili) muri. Una scuola senza confini tra il dentro e il fuori, sia esso il cortile, il quartiere, la città.
Lo spazio come terzo educatore (Malaguzzi 2010) è una condizione conosciuta in passato e ri-conosciuta in tempi recenti. Se lo spazio è il terzo educatore è tanto importante il setting “per esperienze complete e coinvolgenti”, quanto il riconoscere e rendere ‘agibile’ il potenziale educativo di ogni tipo di spazio, che sia interno, esterno, urbano, naturale. Ce lo racconta la Carta delle Città Educative, che ha dato vita a Barcellona ad una rete di città attive dal 1991. Il potenziale educativo si fa concreto se gli spazi sono accessibili e, se non lo sono, occorre fare in modo che lo diventino.
Ci occupiamo da quando siamo nati di qualità di tempi e spazi a scuola e in città. Non creiamo spazi a misura di bambino, ma siamo promotori di luoghi in cui stare bene, spazi che offrono opportunità di fare esperienza con tutti i sensi, sperimentare, giocare, muoversi, imparare… soprattutto imparare facendo. Siamo promotori di ‘spazi intelligenti’ come risultato del coinvolgimento di tutti coloro che li vivono, in primis i bambini e i ragazzi. Una delle nostre parole chiave è partecipare: nell’esplorare, nel condividere esperienze, nello sviluppo di idee progettuali, nel realizzare le trasformazioni, sempre ‘in divenire’. Ne parleremo ancora, qui e altrove.
Immersi nello straniamento del vuoto degli spazi pubblici e delle scuole deserte, insieme ad altri condividiamo un tempo di riflessione, di confronto, di costruzione di proposte per disegnare un orizzonte per la scuola che verrà da settembre. Una scuola dove l’aula non sarà (non potrà essere) l’ambiente principale di apprendimento, una scuola che immaginiamo senza (o con pochi e permeabili) muri. Una scuola senza confini tra il dentro e il fuori, sia esso il cortile, il quartiere, la città.
Lo spazio come terzo educatore (Malaguzzi 2010) è una condizione conosciuta in passato e ri-conosciuta in tempi recenti. Se lo spazio è il terzo educatore è tanto importante il setting “per esperienze complete e coinvolgenti”, quanto il riconoscere e rendere ‘agibile’ il potenziale educativo di ogni tipo di spazio, che sia interno, esterno, urbano, naturale. Ce lo racconta la Carta delle Città Educative, che ha dato vita a Barcellona ad una rete di città attive dal 1991. Il potenziale educativo si fa concreto se gli spazi sono accessibili e, se non lo sono, occorre fare in modo che lo diventino.
Ci occupiamo da quando siamo nati di qualità di tempi e spazi a scuola e in città. Non creiamo spazi a misura di bambino, ma siamo promotori di luoghi in cui stare bene, spazi che offrono opportunità di fare esperienza con tutti i sensi, sperimentare, giocare, muoversi, imparare… soprattutto imparare facendo. Siamo promotori di ‘spazi intelligenti’ come risultato del coinvolgimento di tutti coloro che li vivono, in primis i bambini e i ragazzi. Una delle nostre parole chiave è partecipare: nell’esplorare, nel condividere esperienze, nello sviluppo di idee progettuali, nel realizzare le trasformazioni, sempre ‘in divenire’. Ne parleremo ancora, qui e altrove.
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